Il venditore ambulante di stoffe Si racconta che il mestiere del venditore ambulante di stoffe fosse appannaggio delle persone poco inclini al lavoro. Credenza da sfatare subito in quanto nei miei ricordi, la categoria dei “fannulloni” non albergava tra i “Pannaccér’”. Lu “Pannaccér’” girava per le strade del paese portando a spalla alcuni tagli di stoffa e di tela al grido: “ Belli fè’, tengh’ la tél’ e la lèn’ d’ Marzott’”. Lu “Pannaccér” portava con sé un righello da un metro, che l’acquirente teneva ben stretto e dritto durante la fase della misurazione e del taglio della stoffa da comprare. Ma durante la misurazione, chi manipolava la stoffa era lu “Pannaccér’”, che con impareggiabile destrezza riusciva a fare la “cresta” di qualche centimetro di stoffa per ogni metro, sì da racimolare a fine giornata, quel mezzo metro venduto, ma non consegnato ai clienti. Altro che…mestiere per scansafatiche!
L’apparecchio televisivo Si racconta che negli anni ’50, quando la TV cominciava ad entrare nelle case, un “premuroso” padre di quattro figli, con scarse possibilità finanziarie, decise di comprare a rate un televisore che fece installare in casa. I figli, una volta acceso, non lo spensero più. Dopo un mese, pagata sola una rata, non potendo sopportare ulteriori spese, il “premuroso” padre riportò l’apparecchio al rivenditore. Un suo amico gli rinfacciò la figuraccia. Così si giustificò: “Ho preso il televisore solo per far fare ai miei quattro figli ‘NA BBONA RASC’JET’
Il pane Quando il pane si poneva ancora in una cesta coperta con un panno ed i nuclei familiari erano numerosi (genitori e molta prole), una bella mattina, con la cesta vuota, una mamma di sei figli, alle otto di mattina , notando che questi stavano a poltrire nei letti, li sollecitò a voce alta a svegliarsi ed alzarsi. Il marito della donna e padre di quei sei figli, bisbigliò alla moglie: “Statt’ zitt’, i uagliun’ s’ c’iajav’z’n’, cerk’n’ lu pén’!”
Autrice: Arianna Gaudelli NATEL’ A CIUFELL’ Natél a Ciufell’ era una cosa unica e indimenticabile per chi l’ha vissuto ed oggi si trova a vivere “nell’era …moderna”. Natél a Ciufell’ era una lunga serie di preparativi fatti mesi prima della festa. Per giungere a Ciufell’ si utilizzavano i carri, ma quelli che non li possedevano, arrivavano a piedi. Per non far pesare il lungo tratto di strada e il freddo pungente, si cantava e si chiacchierava. Gli uomini andavano a lavorare e quando portavano il misero stipendio a casa, le loro donne riuscivano sempre a mettere da parte due lire, cinque centesimi, per poi comprare ciò che serviva nei preparativi del Natale. Compravano la farina, l’amido, il cacao, la cannella ed i chiodi di garofano e preparavano con i mariti e i bambini gli impasti per inèv’l, icav’cion’, i pup’rét’ ed altri dolci. Si spandevano nell’area profumi unici che solo nei pressi dei forni si possono sentire in tutti i mesi dell’anno. I bambini diventavano i protagonisti della festività, perché andavano a raccogliere le uova nel pollaio, mungevano la vacche per il latte e poi…tutti con le mani in pasta. Poi, i dolci si mettevano nei forni a cucinare e nell’attesa, si riunivano tutti attorno a u vracer’ per raccontare le storie natalizie, specie quelle che riguardavano i lup’nér’. A Ciufell’ erano invitati tutti i parenti, zii, nipoti, pronipoti e compari. Non c’era alcun problema, bastava avere la voglia di festeggiare. Ci si divertiva e si scherzava senza malizia, senza rancore ed invidia. Il giorno di Natale si raccoglieva la legna, si accendeva il fuoco, si apparecchiavano lunghissime tavolate per riempirle, poi, di tutto ciò che era stato preparato nei giorni precedenti. Si mettevano il maiale, le verdure di ogni specie, il vino, l’acqua di pozzo, i dolci, il mosto, u sangunét e quello che si aveva. Si ballava, si cantava al suono dei mandolini, delle chitarre e delle fisarmoniche e si mangiava e beveva senza badare a nulla. A mezzanotte si pregava il Bambino Gesù in casa, perché a Ciufell’ non c’era la Chiesa. Il Natale a Ciufell’ aveva un’atmosfera che noi “moderni” non possiamo immaginare. Oggi, per un “Vero Natale” abbiamo bisogno di fare e ricevere regali costosissimi, abbiamo bisogno di cibi sofisticati e noi bambini pretendiamo regali tecnologici (Nintendo, Computer ecc. ecc.), mentre a Ciufell’ i bambini di una volta si accontentavano della semplicità e soprattutto del calore umano.